venerdì 21 dicembre 2018

Buddismo e Natale.

Il titolo di questa breve e un po' frivola riflessione sarebbe stato, più correttamente:«Ecco perché "se sei buddista non dovresti festeggiare il Natale" è un'obiezione, ad essere gentili, un po' stupida». Ma la lunghezza e il tenore vagamente polemico del titolo originale hanno fatto propendere diversamente. Fatto sta che la considerazione che si ha delle scelte religiose altrui è spesso un riflesso del proprio atteggiamento nei confronti di quelle che sono categorie, raggruppamenti od etichette applicabili a modi di vivere e di onorare la propria luminosità interiore.
Il buddismo, come spesso si legge, non è una religione in senso stretto ovvero non "lega" a dogmi o rigidi obblighi di comportamento ma piuttosto risveglia al costante fluire delle cose che ci circondano, stimolandoci a non cristallizzarci in rimorsi o speranze ma piuttosto ad agire nel presente con concretezza, coraggio e compassione per creare le migliori cause da cui cogliere, a tempo debito, i frutti sotto forma di effetti. Essere concreti significa comprendere a fondo l'ambiente in cui ci troviamo, riconoscendolo quale riflesso del nostro stato vitale. E vivere con flessibilità l'impermanenza di ogni singola cosa vuol dire che anche quello che ci pare essere lontanissimo dalla nostra visione del mondo, persino la peggiore delle cose da noi detestate ha, se posta nella luce di una prospettiva illuminata, il suo senso profondo, la sua ragione di esistere.
Il Natale ha una valenza culturale, emotiva e, si, anche religiosa, fondamentale all'identità della nostra società. Da sempre ci circondano le polemiche sulla sua deriva consumistica, sull'essere ormai solo un'occasione di "shopping", tutto pubblicità e icone di marketing.
Creare valore vuol dire andare al cuore delle cose, dei fenomeni: l'immagine narrativa della nascita di un bambino, al freddo di una capanna nel più umile degli ambienti, può portare speranza nel cuore dell'umanità così come le bellissime epopee orientali o le metafore presenti nel Sutra del Loto che noi recitiamo e rispettiamo. Un bambino che sorride nel sonno aspettando i suoi regali, al di là delle polemiche su capitalismo e mercificazione dei sentimenti, è in sé un valore altissimo di speranza e di amore. Il resto, contro cui tanto piace alla mente scagliarsi in polemiche e sofisticate analisi, non mi riguarda in quanto buddista. In quanto buddista condivido con tutta l'umanità il voto e il destino di kosen rufu. Festeggerò con le donne il suffragio universale, con le persone di colore la fine della segregazione, con ogni minoranza il riconoscimento della loro identità e della loro dignità: con ognuno festeggerò la sua, la nostra, luminosissima umanità attraverso, come dice il nostro maestro, "ondate continue di dialoghi cuore a cuore".
E il mio augurio, quindi, sarà più sincero, sentito e caloroso di quello fatto, magari, perché il giorno di festa ce lo concedono le ferie sul calendario o perché, chi è Italiano e cattolico, "deve" farlo.
Buon Natale, buone feste con tutto il mio cuore!

sabato 9 giugno 2018

Respirazione e recitazione: alcune riflessioni.

Respirare è ciò che contraddistingue ognuno di noi in quanto essere vivente.
Dall'inspiro che precede il primo disperato vagito del neonato a quell'ultimo espiro con cui è sancito il congedo dalla propria esistenza individuale, la vita di chiunque di noi viene scandita da una lunghissima, in sostanza praticamente ininterrotta, serie di inspiri ed espiri.
Ogni disciplina meditativa o atletica (e tanto più quelle in cui questi due ambiti coincidono: lo yoga, il tai chi o il kung fu in generale, l'aikido, per citare le più note e praticate in occidente) si basa sulla respirazione controllata o consapevole. Cercare di respirare in modo profondo, comodo e dinamico è il primo passo da seguire nella meditazione come nel canto o nello sport.
Chiunque frequenti un gruppo buddista della Soka Gakkai Internazionale sa bene che a fondamento di tale fede vi è la recitazione di Nam Myoho Renge Kyo, il sacro Daimoku (titolo) del Sutra del Loto. Quando i praticanti, fedeli al Sutra del Loto, si riuniscono per recitare Nam Myoho Renge Kyo lo fanno rivolgendosi ad una pergamena, il Gohonzon, su cui è inscritta l'illuminazione del Buddha Nichiren Daishonin. Un praticante, non per forza il più anziano del gruppo, "guida" la recitazione sedendosi di fronte al Gohonzon mentre gli altri, seduti alle sue spalle, seguono il ritmo con cui chi guida scandisce Nam Myoho Renge Kyo.
Nella recitazione del Daimoku, che è vibrazione generata dal respiro, vi è l'essenza stessa dell'intero universo e, dunque, anche la nostra essenza individuale. Nel Daimoku che recitiamo è presente di noi ogni singolo aspetto che, risvegliato alla buddità e trasformato in luminosa realizzazione perfino nei più bui meandri del nostro animo, emerge attraverso la preghiera. È per questo che non tutte le recitazioni sono uguali e che ognuno recita ad un ritmo personale; ed è per questo motivo che si segue in coro il Daimoku di chi sta guidando la recitazione: per trovare l'armonia di un'unica conduzione. Spesso si insedia nella mente l'infondata convinzione che ci porta a ritenere un Daimoku recitato ad alta voce più efficace di uno sommesso, uno veloce e incalzante più valido di uno lento e attentamente scandito. In realtà nel buddismo non vengono usate le categorie di "giusto" e "sbagliato": ogni Daimoku è perfetto, come chi lo conduce, perché funzionale a quella determinata situazione, a quel determinato momento. 
Ovviamente non si intende assolutamente affermare che la qualità della preghiera sia un elemento di secondaria importanza; Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale e nostro Sensei (maestro) scrive:
La recitazione di Nam-myoho-renge-kyo non è solo la "voce della fede" delle persone comuni, è anche la "voce della Buddità". Per questa ragione dovremmo sempre cercare di recitare un Daimoku risonante, con un ritmo vibrante e vigoroso come quello di un cavallo al galoppo.
Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, Esperia, Milano, 2008
Il Daimoku che recitiamo sarà sempre profondamente autentico, alimentato da un cuore sincero e sostenuto da un atteggiamento, sia mentale che fisico (la schiena è dritta, le mani giunte davanti al petto) di nobile vittoria sulla propria oscurità: ma, comunque, l'esercizio di compassione attraverso cui modificheremo la nostra recitazione in accordo con chi sta guidando il gruppo rimane imprescindibile ad una pratica corretta. Anche quando ci sembra di seguire un Daimoku "pigro" o, all'opposto, nevrotico, eccessivamente lento o estremamente veloce, dobbiamo sforzarci di eliminare il giudizio e di accordarci, con autentica concentrazione, al cuore sincero di chi guida per trovare un'unità (in giapponese Itai Doshin) che trascenda le differenze e le distanze tra i singoli individui. Al di là del significato meraviglioso dei cinque caratteri di Nam MyoHo Renge Kyo, la vibrazione prodotta dal nostro respiro ha il potere infinito e inarrestabile di smuovere le nostre vite fino ad allargare il nostro cuore ben oltre i limiti che inconsciamente noi stessi poniamo alla nostra felicità e alla nostra realizzazione. 
Nella filosofia orientale vi è la bellissima immagine che ci vede nascere, nutrirci, accogliere stimoli e "imparare" dal mondo ad ogni inspiro, e morire, riposarci, liberarci da ogni peso emotivo e "agire creativamente" nel mondo ad ogni espiro. Entrare in questo ritmo figurato ci permette di seguire morbidamente il fluire infinito dell'universo. Assecondando gli eventi saremo in grado, come un edificio antisismico, di non subire traumi dall'illusione del continuo ed imprevedibile cambiamento di situazioni ed eventi, ma scorreremo con leggerezza in mezzo ai fenomeni senza lasciarci ostacolare o indebolire dal naturale corso delle cose.
Una recitazione quotidiana e ben determinata, insieme ad un atteggiamento consapevole migliorerà in tempi brevi l'aspetto fisico della pratica, permettendo al nostro respiro di armonizzarsi col nostro io più autentico e garantendo al nostro Daimoku un vigore ed un'efficacia sempre più evidenti. Questo ci permetterà di guidare, in senso sempre meno figurato, il nostro ambiente ed infine il mondo verso Kosen Rufu (diffusione della pace attraverso il buddismo) un passo alla volta, respiro dopo respiro.

martedì 5 giugno 2018

Benefici invisibili

I benefici sono le risposte che l'universo dà alla nostra pratica.
Quando recitiamo Daimoku con cuore sincero e determinati a vincere sull'oscurità (e dunque sulla nostra sofferenza), l'universo, in ognuno dei suoi innumerevoli fenomeni, si piega verso il nostro benessere.
La coincidenza quasi miracolosa che ci fa arrivare puntuali ad un appuntamento importante nonostante un imprevisto; la risoluzione di un conflitto con una persona cara da cui ci eravamo allontanati; la desiderata promozione sul lavoro o il superamento di una malattia sono tutti esempi, di varia natura e tenore, di benefici che la nostra vita tiene in serbo per noi, e che ci concede quando la affrontiamo con cuore indomito e col vigore di un leone ruggente.
Quando la risoluzione di un problema o il raggiungimento di un traguardo importante avvengono in modo così evidente si parla, nel buddismo di Nichiren, di "Benefici visibili" (in giapponese Ken'yaku). Spesso, soprattutto all'inizio della pratica buddista, questi benefici, raccontati con gioia quasi incredula durante gli incontri di discussione, rappresentano l'aspetto visibile di quel cambiamento di prospettiva che Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai, chiama "Rivoluzione umana".
Tuttavia i benefici più profondi, duraturi e mistici che possiamo accogliere nella nostra luminosa vita di Bodhisattva sono quelli, in giapponese chiamati Myoyaku, che vengono definiti "Benefici invisibili".
L'imprevisto che ci fa tardare ad un appuntamento è sempre in agguato e, per quanta attenzione poniamo sul lavoro, corriamo sempre il rischio di non riuscire in ciò che abbiamo garantito al nostro superiore; vecchi difetti mai discussi e naturali antipatie possono rovinare la più romantica delle gite e una ricaduta nel campo della salute può farci piombare nella rassegnazione più nera. 
Il limite dei benefici visibili sta nella loro temporaneità, nell'essere, in altri termini, una conseguenza visibile di tendenze più profonde e radicali: sono come onde che, originate da correnti invisibili poiché sottomarine, svettano alte per ricadere infrangendosi con forza sugli scogli o a riva.
Per comprendere, invece, cosa si intende per benefici invisibili dobbiamo immaginare un contadino che, avendo lavorato con fatica il suo campo, subito dopo aver piantato i semi osserva una distesa spoglia. 
Ascoltare con gioia dando poi il consiglio giusto a quell'amico che, con le sue lamentele, riusciva solo ad annoiarci o deprimerci; creare valore, recuperando così un rapporto difficile con un parente che, osservato con cuore sincero, riscopriamo meno "insopportabile"; riuscire a sorridere nel traffico, considerando che il ritardo non influirà sul contenuto assolutamente valido del nostro lavoro; sorprendersi a rifiutare una sigaretta, offerta da un amico dopo il caffè bevuto in compagnia, avendo ormai risolto quella vecchia dipendenza. Sono questi tutti esempi di vittorie su noi stessi che, prima di esplodere nella loro visibile luminosità, sono maturate con lentezza dentro di noi. Giorno dopo giorno, grazie al potere mistico di 
Nam Myoho Renge Kyo, l'amico capace solo di lamentarsi è stato osservato con gli occhi della compassione, e lo si è visto molto provato dalla solitudine; le parole giuste con cui descrivere a quell'anziano parente la nostra insofferenza, osservandola e finalmente superandola, sono emerse quando abbiamo allargato con umile sincerità il cuore, e così via.
I benefici invisibili sono un lento processo, apparentemente fermo (come il lento germogliare dei semi in un campo), che ci accompagna in maniera infinita verso l'illuminazione. Avendo fede nel proprio lavoro amorevole e coscienzioso il contadino non guarda il campo temendo di aver sbagliato qualcosa ma sa che, a tempo debito, potrà cogliere i frutti che la natura generosa gli renderà.
Recitando il Daimoku e restando fedeli alla pratica corretta potremo godere dei benefici visibili che ci daranno sollievo e serenità ma, cosa più importante, continueremo a tendere verso i nostri obiettivi ambiziosi e nobili sicuri che l'universo, come le correnti vigorose nei mari fanno con le onde o come la terra generosa fa con gli alberi, sta continuando a darci la forza necessaria al nostro benessere e alla nostra felicità.

Riferimenti: Buddismo e Società n°109